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Excavation

  • Peltuinum
  • Prata d’Ansidonia e S. Pio delle Camere
  • Peltuinum

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    Credits

    • The Italian Database is the result of a collaboration between:

      MIBAC (Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale per i Beni Archeologici),

      ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) and

      AIAC (Associazione Internazionale di Archeologia Classica).

    • AIAC_logo logo

    Summary (Italian)

    • I resti della città romana di Peltuinum si trovano in un altopiano circondato dalle montagne più alte dell’Appennino, il Gran Sasso, la Maiella, il Sirente. L’altopiano, posto nell’antico territorio dei Vestini, risultava un punto di sosta strategico nello spostamento delle greggi dalla Sabina all’Apulia settentrionale. Su un pianoro interno all’altopiano, alla metà del I sec. a.C., fu fondata la città di Peltuinum, che è oggi divisa tra i comuni di Prata d’Ansidonia e S. Pio delle Camere proprio dalla fascia del tratturo. Il centro urbano fu pianificato per la gestione e il controllo dei proventi della transumanza, ma anche per lo sfruttamento agricolo, entrambi favoriti dall’affioramento di falde acquifere. Sotto l’imperatore Claudio (41-54 d.C.) venne risistemata la strada (via Claudia Nova) che conduceva dall’antica Foruli (attuale Civitatomassa, nei pressi de L’Aquila) a Popoli, collegando le grandi strade che da Roma portavano all’Adriatico: la via Salaria e la via Tiburtina Valeria Claudia.

      Delle strutture pubbliche sono state portate in luce e restano visibili: un settore delle mura, il tempio, il teatro; mentre resti relativi ad abitazioni e tabernae sono stati ricoperti per difficoltà di conservazione. Il tempio, di cui oggi è visibile solo il nucleo in calcestruzzo, è ricostruibile come prostilo esastilo corinzio; circondato su tre lati da un portico, si affacciava sulla piazza del foro. Sulla base di dati epigrafici è stata proposta l’attribuzione del tempio ad Apollo. Il teatro è ancora in fase di scavo; quanto è attualmente visibile documenta un’interruzione dei lavori in corso d’opera con ripensamento dell’intero progetto e interventi di restauro fino ad età tarda. Alla metà del V secolo, in coincidenza con un forte terremoto ricordato dalle fonti sia a Roma che a Ravenna, inizia l’abbandono della città; la popolazione si sposta verso zone più facilmente difendibili nel contesto di insicurezza e pericolo conseguenti le guerre che, in particolare nel VI secolo, coinvolsero l’Italia centrale.

      Sin da allora tutti i materiali asportabili furono reimpiegati, senza alcun riguardo per eventuali decorazioni, nelle poche strutture costruite sul pianoro, nei complessi religiosi, nei castelli e nelle abitazioni dei paesi vicini. Un cantiere di demolizione si insediò in piccoli ambienti costruiti appositamente sulla parte meridionale del teatro, collegati in una prima fase ad una calcara posta al centro dell’orchestra. Anche le fortificazioni sono state oggetto di spoliazioni e gran parte del circuito è crollato; solamente la porta ovest con le due torri contigue è rimasta continuativamente in uso come varco di controllo per il passaggio delle greggi; a testimonianza di questo restano le doganelle e il toponimo Prata d’Ansidonia; il nome Ansedonia, comparso già in documenti del XII secolo, trova la sua etimologia nel latino ansarium, dazio. Con alterne vicende, dunque, eredi della città romana sono stati un piccolo insediamento monastico addossato alle mura, un fortilizio con funzione di controllo sulla piana circostante, realizzato sfruttando le preesistenti murature del teatro e la chiesa di S. Paolo, unica struttura giunta integra fino ai nostri giorni e in uso fino al terremoto del 2009.

    • Luisa Migliorati - Sapienza Università Roma  

    Director

    Team

    • Flavia Vozzolo
    • Tiziana Sgrulloni
    • Claudia Micari
    • Daniele Nepi

    Research Body

    • "Sapienza" Università di Roma

    Funding Body

    • Comunità Europea (progetto Urbanitas)
    • Soprintendenza BBAA Abruzzo (fondi finalizzati a due anni di ricerche)

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