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Monuments

Periods

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Chronology

  • 150000 BC - 10000 BC
  • 5000 BC - 3300 BC

Season

    • Da alcuni anni le ricerche nella Grotta di Santa Croce di Bisceglie, a cura della Sezione di Ecologia Preistorica del Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti” dell’Università di Siena in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Puglia, stanno interessando il deposito esterno della cavità. Nel giugno 2005 lo scavo di quest’area è stato condotto in unità stratigrafiche del Paleolitico medio, particolarmente ricche di materiali ossei e litici, in parte già esplorate nelle scorse campagne. Queste unità possono essere accorpate in due insiemi. Il più recente (US 539-535) costituisce la parte sommitale di un complesso dello spessore medio di 20-25 cm a matrice sabbiosa bruno rossastra (US 525-535-546), che rappresenta la fase più significativa, per quanto riguarda la presenza di materiali, all’interno della stratigrafia finora indagata. Le unità di questo insieme, in special modo US 535 e 546, formano uno strato in immersione verso il fondo della lama, con materiali antropici in apparente posizione caotica, tra blocchi calcarei derivati con molta probabilità da fasi di crollo della volta della grotta. L’assenza di elementi strutturali, riscontrata anche durante questa campagna di scavo, conferma l’ipotesi di una zona di smaltimento di rifiuti verso l’esterno dell’imbocco. L’individuazione di alcune aree con sedimento parzialmente concrezionato induce a ritenere che l’estensione dell’antico aggetto della volta arrivasse alla parte più elevata del deposito finora esposto dagli scavi recenti, a circa 20 metri dall’imbocco attuale. La presenza di blocchi di crollo, alcuni dei quali nella loro giacitura seguono l’inclinazione dello strato, ha probabilmente esercitato una funzione di barriera per i materiali nel piano inclinato. A monte, a ridosso di questi, è stato notato infatti un maggiore spessore delle unità e una maggiore quantità di materiale. Dall’osservazione sul campo dei reperti ossei si nota un’omogeneità di dati all’interno delle unità stratigrafiche scavate in questa campagna. L’interessante complesso faunistico esprime un’attività di selezione che l’uomo operava sia all’interno dei branchi di uro e di cavallo (quasi assenza di individui giovani e di sub-adulti) sia nella gestione delle carcasse degli animali abbattuti. Nel procedere delle ricerche si consolida l’ipotesi che questi resti ossei derivino da operazioni standardizzate. E’ rimarcata l’abbondanza di frammenti di diafisi di ossa lunghe, la presenza di denti isolati (tra i quali sono quasi assenti gli incisivi e i premolari), e l’assenza delle epifisi e delle ossa di piccole dimensioni degli arti, a testimoniare un’attività di separazione di alcuni elementi scheletrici e la distruzione di una parte di questi (o il loro abbandono in un’altra area della grotta). L’industria litica rinvenuta non presenta sostanziali elementi di novità rispetto a quanto già segnalato in precedenza. La concentrazione di materiali è notevole, con quasi 2000 pezzi distribuiti in 10 mq. Fra questi, circa la metà sono elementi del débitage e più di 200 sono i nuclei, presenti, questi ultimi, in fasi diverse di sfruttamento, da quelli semplicemente testati (rari) a quelli totalmente destrutturati; è attestata, anche se sporadicamente, una catena secondaria a partire da schegge carenate. L’abbondanza dei nuclei, unitamente alla frequenza dei prodotti, sembra premessa incoraggiante per uno studio esaustivo dei rimontaggi e delle varianti alle sequenze operative adottate sul sito: al momento, la tecnica discoide sembra prevalere su quella prismatica e su quella Levallois. I manufatti, pur non essendo in genere carenati, tendono ad avere un certo spessore e gli elementi allungati sono francamente minoritari: presente qualche elemento a faccia ventrale diedra. E’ previsto a breve lo studio della materia prima utilizzata, che è molto varia e derivata non solo da ciottoli ma anche da liste, e di cui va indagata la provenienza al fine di analizzare le fonti di approvvigionamento e le modalità di sfruttamento del territorio da parte dei gruppi che hanno frequentato il luogo. Gli strumenti si concentrano all’interno dei raschiatoi, soprattutto laterali, e dei denticolati, con presenza sporadica delle punte; si segnalano anche rari bulini. L’attribuzione cronologica si configura non agevole, per la mancanza di confronti diretti del nostro insieme con altri complessi del Paleolitico medio pugliese. E’ in studio la fattibilità di una qualche datazione radiometrica (termoluminescenza o ESR) al fine di confermare o meno l’ipotesi che si tratti di una fase antica del Paleolitico medio, caratterizzata da clima arido e più freddo dell’attuale.
    • After an interval of five years research recommenced in June 2011 on the deposit outside of the Grotta di Santa Croce. The excavation examined the middle Palaeolithic stratigraphy in the exterior trench, situated at about 20 m from the present entrance to the cavern. The excavated layers were part of a complex with a reddish brown sandy matrix, which contained an abundance of animal bone fragments and lithic industry: USS 546 and 549. Both stratigraphic units, like all of the upper layers investigated to date, were part of the exterior coinoid fan, which from the ancient entrance to the cavern, now further back due to a series of collapses from the vault, descended towards the back of the cave. Large calcareous blocks, probably from these collapses, emerged during the excavation. In unit 546 the position of the blocks followed the inclination of the layers, while in unit 549 several were positioned almost vertically in the sediment. The calcareous blocks in US 546 created a discontinuity within the layer, in particular in the concentration of bone remains, which may have travelled slightly due to hill-wash along the sloping surface of the conoid fan. In particular, in quadrants 50x/22-23y there was a larger concentration of bone fragments uphill from two large boulders. However, the edges of the fractures on the bone fragments did not show any clear signs of having been water-borne. Stratigraphic unit 546, average thickness 15-20 cm, was completely removed over an area of 4 m2. Below lay US 549, darker in colour and more friable at the surface. A small area was excavated to a depth of about 10 cm, without reaching its base. In the deepest part of the layer, finds of lithic and faunal material seemed to become scarcer. The types of faunal remains recovered were the same as those documented in the overlying layers 525 and 535. In fact, horse and aurochs were the only ungulates hunted, with the exception of extremely sporadic remains of deer in US 546. In the small extension investigated, in which structural elements were absent, and which was peripheral with respect to the probable living area of the Neanderthals, there appeared to be a selection of skeletal parts (mainly fragments of long bone diaphyses and single teeth). The distal parts of the limbs (phalanges and sesamoids), joint bones and epiphyses were missing. Among the few exceptions were two large fragments: a radius and metacarpal of an aurochs, with proximal epiphyses, recovered in US 546. A preliminary observation of the isolated horse and aurochs teeth showed that in these two layers there was also a scarcity of elements from juvenile/young and sub-adult individuals. A preliminary examination of the lithic industry showed no significant differences with what was previously documented. A variety of production processes were noted, with a predominance of discoid production and the presence of an independent production line for blades with orthogonal débitage. A fairly standardised form of blade was present in large numbers, made with semi-inert bilateral retouch which greatly reduced its width. Elements from all phases of the production chain were present: cores were particularly numerous, most of which either exhausted or abandoned when accidently destroyed during a phase of débitage.

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