Summary (Italian)
Nel Riparo l’Oscurusciuto (Ginosa – Taranto) le ricerche effettuate nel settembre 2010 hanno portato al rinvenimento di nuove interessanti strutture di combustione all’interno dell’unità stratigrafica 11, parzialmente scavata nel 2009. Questa unità, sabbioso limosa, di colore bruno rossastro con rari piccoli ciottoli e ancora più sporadici frammenti di calcarenite, ha uno spessore medio di 8 cm ed è legata sia da un punto di vista sedimentologico, sia per i caratteri delle associazioni faunistiche, alle soprastanti unità principali 4, 7 e 9. Gli insiemi faunistici di queste unità sono dominati da resti di Bos primigenius (che nelle percentuali degli elementi determinati supera il 70%) in associazione con Cervus elaphus, Dama dama, Capreolus capreolus, Equus ferus.
All’interno dell’unità stratigrafica 11 il materiale litico e faunistico risulta abbondante nella parte superiore e media dello strato, più rarefatto nella sua parte basale. L’industria litica, a un esame preliminare in corso di scavo, non mostra modalità e obiettivi di produzione diversi rispetto alle unità stratigrafiche soprastanti. La materia prima prevalente è sempre costituita da ciottoli di diaspro. La sequenza Levallois, che inizia con sistema prevalentemente unipolare, finalizzato alla produzione di lame (trasformate soprattutto in raschiatoi) e punte, prosegue con modalità centripeta volta a ottenere schegge di dimensioni più piccole. Una produzione minoritaria di piccole lame e lamelle è ottenuta con sistema del tutto diverso, per piani ortogonali a partire da ciottoli di minore dimensione.
I numerosi focolari dell’unità stratigrafica 11 risultano concentrati lungo una fascia larga un metro e mezzo che delimita una zona di circa 2 mq, completamente libera da strutture, situata a ridosso delle pareti d’angolo nell’area nord del riparo. Questo piccolo spazio poteva essere adibito a giaciglio o usato come zona di stazionamento da parte dei neandertaliani. Il bordo di erosione della stratigrafia, posto a circa 50 cm dalla fascia di concentrazione dei focolari, può avere obliterato eventuali altre strutture a completamento della fascia individuata.
I focolari scavati sono tutti impostati su fossette circolari di profondità variabile tra 3 e 6 cm, facilmente individuabili per il colore bruno nerastro del loro riempimento. Più difficile è risultato invece isolare i singoli focolari nei quadrati GF 11, in quanto impostati in successione e con fossette parzialmente tagliate dalle strutture di combustione superiori. Nel corso di questa campagna di scavo si è osservata una chiara differenza di dimensioni dei focolari tra la parte alta e quella basale dell’unità 11. Nella parte superiore dell’unità le fossette conservano un diametro di 40-50 cm contro i 20-25 cm di quelle individuate sul fondo dello strato. Questi piccoli focolari, meno numerosi dei primi, sono in alcuni casi presenti a coppie con reimpostazione parzialmente dislocata del secondo sul primo. Le analisi microstratigrafiche in corso potranno dare risposte sull’eventuale diverso utilizzo di queste due tipologie di strutture di combustione. In uno di questi piccoli focolari (US 70) è stata rinvenuta alla sommità del riempimento, sul bordo della fossetta, una scheggia di diafisi di osso lungo di grande ungulato con tracce di bruciatura limitate alla sola porzione immersa nel riempimento della fossetta stessa. In alcuni casi, le fossette di questi focolari basali intaccano la parte sommitale della sottostante unità di tefra (US 13).
Lo scavo dell’unità stratigrafica 11 è stato ultimato in un’area di circa 9 mq: al di sotto è affiorata la superficie dello strato piroclastico 13 con evidenti tracce di frequentazione antropica, sporadico materiale litico e faunistico e focolari in fossetta. Questi ultimi, poco numerosi e non ancora scavati, sembrano conservare le stesse caratteristiche delle piccole strutture della parte basale di US 11. Nella prima occupazione del riparo successiva alla potente deposizione di tefra e nel corso della sedimentazione della prima porzione dell’unità 11 sembra dunque emergere un modello analogo nell’impostazione delle strutture di combustione, che potremo verificare nel corso della prossima campagna di scavo analizzando nel complesso la superficie di occupazione del tefra.
Alle ricerche, effettuate dal 5 al 25 settembre 2010, hanno partecipato oltre agli scriventi: Claudia Abruzzese, Sara Alconchel Romero, Francesco Boschin, Jacopo Crezzini, Elena D’Itria, Paolo Gambassini, Zaray Guerrero Bueno, Stefania Mainieri, Giulia Musella, Elvira Orso, Francesca Paraskoulakis, Anna Pizzarelli, Vincenzo Stasolla.
- Annamaria Ronchitelli - Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti”, Sezione di Ecologia Preistorica 
- Paolo Boscato - Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti” 
Director
Team
- Stefano Ricci - Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente – Unità di Ricerca di Preistoria e Antropologia – Università di Siena
- Filomena Ranaldo - Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti”
- Francesco Boschin - Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell'Ambiente, UR Preistoria e Antropologia
- Jacopo Crezzini - Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti”
- Francesco Berna - Department of Archeology, Boston University (USA)
- Helena Klempererova - Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti”
Research Body
- Università degli Studi di Siena
Funding Body
- Comune di Ginosa
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