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Excavation

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Credits

  • The Italian Database is the result of a collaboration between:

    MIBAC (Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale per i Beni Archeologici),

    ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) and

    AIAC (Associazione Internazionale di Archeologia Classica).

  • AIAC_logo logo

Summary (Italian)

  • L’area archeologica di Grovis è ubicata nel lembo settentrionale del territorio comunale di Basiliano e parzialmente estesa anche in quello di Mereto di Tomba (UD).

    L’evidenza si colloca in aperta campagna ed interessa una superficie di oltre 12.000 mq, buona parte dei quali sottoposta preventivamente a verifiche con il metodo del Ground Penetrating Radar (G.P.R.) nel 1999 che fornì una base per le successive indagini.

    Nell’area di scavo è stato messo in luce un complesso edilizio di grandi dimensioni di cui fino a questo momento non è stato possibile delimitare l’estensione effettiva e comprendere, quindi, l’eventuale suddivisione in più corpi di fabbrica.
    L’analisi della successione stratigrafica e lo studio delle differenti tecniche costruttive impiegate hanno comunque consentito di ipotizzare una periodizzazione nella frequentazione dell’area.
    Ad una prima fase può essere riferita la struttura di cui sono stati rinvenuti solo i materiali costruttivi (ciottoli di medie e grandi dimensioni e grossi lacerti di cocciopesto) messi in luce all\‘interno di una fossa di spoliazione individuata nella parte centrale del complesso, grazie a un sondaggio di approfondimento realizzato durante lo scavo del 2002.

    Successivamente sarebbe stato realizzato l’edificio individuato nel settore settentrionale dell’area, delimitato da una serie di muri legati ad una comune preparazione pavimentale caratterizzata da una matrice limosa di colore rossastro e ciottolini. La tecnica costruttiva di questa fase prevede l’impiego di ciottoli di medie dimensioni senza l’uso della malta come legante.

    Dopo una prima attività di spoliazione che avrebbe parzialmente intaccato i piani pavimentali di seconda fase, sarebbe stata messa in opera la costruzione dell’ambiente absidato, contraddistinto da un’abside non a vista, ma inserita in una struttura muraria rettangolare, e del vano rettangolare ad esso collegato verso sud. Essi sono caratterizzati dall’abbondante presenza di malta, di consistenza friabile e di colorazione bianco-grigiastra, utilizzata sia come legante dei muri, sia per le preparazioni pavimentali.

    Contemporaneamente o immediatamente dopo la realizzazione di questi vani, i muri di seconda fase sarebbero stati obliterati dalla stesura di uno strato di livellamento che avrebbe predisposto l’area per le successive costruzioni. Esse sono state individuate nei resti di alcune strutture murarie, realizzate con ciottoli senza legante di malta, messe in luce nel settore centrale e meridionale dell’area di scavo, e di un lacerto individuato nella parte settentrionale; quest’ultimo muro è contraddistinto anche dalla presenza di due contrafforti che vanno a rafforzare la struttura lungo il suo paramento meridionale. A questo muro sarebbe anche ricollegabile la tettoia ipotizzata sulla base del rinvenimento di un omogeneo strato di crollo di coppi e rade tegole e delle basi di pilastri quadrangolari che avrebbero sostenuto la copertura. La dislocazione e i diversi rapporti stratigrafici inducono ad attribuire tali basi a differenti momenti edilizi.

    Dalle ultime fasi di vita del complesso emerge la continuità di frequentazione dell’area nel corso dell’alto medioevo, anche se con soluzioni strutturali e modalità abitative differenti rispetto all’epoca precedente.

    Successivamente al crollo delle costruzioni sopradescritte sia nella parte settentrionale, che in quella meridionale dell’area di scavo sono, infatti, documentate attività di risistemazione dei materiali di risulta e di livellamento per la realizzazione di ulteriori strutture da attribuire con certezza una fase abitativa post-romana. Qui sono stati messi in luce i resti di un pavimento in cotto formato da mattonelle di forma approssimativamente parallelepipeda o a cuneo ritagliate da tegole; il piano pavimentale è delimitato ad ovest da un muro ed è conservato nel suo stato originario solo nell’area immediatamente ad est di questo.

    I frammenti anforari, ritrovati a diretto contatto con le mattonelle di cotto, sono databili al VI-VII sec. d.C. e orientano dunque a collocare in questo orizzonte cronologico l’utilizzo del piano pavimentale. Quest’ipotesi sembra supportata anche dall’esistenza della sottostante piattaforma in grossi ciottoli, che ricorda le cosiddette “massicciate obliteranti”, tecniche di ricopertura di precedenti edifici in uso in contesti abitativi soprattutto del VII sec. d.C.

    Anche nel settore meridionale dell’area di scavo, sotto l’accumulo di ciottoli derivanti dalla bonifica agraria, si sono evidenziati livelli di risistemazione dei crolli delle precedenti strutture che documentano una frequentazione anche di quest’area del complesso in epoca post romana; qui, infatti, per l’intervento di livellamento si è utilizzato un terreno ricco di piccoli frammenti fittili, dal quale sono emerse numerose testimonianze databili tra VI e VII sec. d.C.

    A conclusione si deve evidenziare il considerevole numero di fosse allungate e di buche di forma irregolare interpretabili come interventi di asportazione dell’alzato dei muri e dei piani pavimentali che sono stati compiuti presumibilmente fino in epoca moderna e che hanno profondamente alterato la stratigrafia originaria.

  • Tiziana Cividini - Università degli Studi di Padova 
  • Chiara Magrini 

Director

  • Paola Ventura - Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia

Team

  • Paola Maggi
  • Laureati e laureandi - Università di Padova, Trieste e Udine

Research Body

  • Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia

Funding Body

  • Banca di Credito Coperativo di Basiliano
  • Comune di Basiliano
  • Provincia di Udine

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